Prendendo lo spunto dalla pubblicazione sul prestigioso Journal of Cellular Phisiology dei dati dell’ epidemia da virus influenzale H1N1 dell’ autunno 2009 nella regione Campania a cura dei componenti del laboratorio di virologia dell’ Ospedale Cotugno di Napoli, coordinati da ricercatori del CROM (Centro di Ricerca Oncologica di Mercogliano) e presentati dalla Sbarro Institute per le ricerche sul cancro e la medicina molecolare della Temple University di Philadelphia, si ritiene opportuno ricordare gli avvenimenti di allora perché servano come punto di riferimento per epidemie emergenti e soprattutto per prospettive pratiche.
Nella primavera del 2009 un nuovo virus influenzale di tipo A (H1N1) che infettava l’ uomo fu trovato in Messico, Canada e USA: il virus di origine suina causò quindi un’ infezione respiratoria febbrile da mite a grave in tutto il mondo. In Campania il picco influenzale ha preceduto di due settimane l’ incidenza dei casi a livello nazionale, inoltre la percentuale di pazienti positivi al virus è stata molto più alta nella città di Napoli, a paragone delle altre province campane. L’ età più colpita, tra i 7 mesi dalla nascita ai 17 anni, (43,45%) era simile a quella riportata a livello nazionale suggerendo la conclusione che l’ alta incidenza e mortalità influenzale in Campania fosse probabilmente dovuta al fatto che questa regione è quella più densamente popolata in Italia e rivelando importanti indicazioni per le future campagne di prevenzione.
Per quanto riguarda in particolare il “caso Napoli” non posso che ribadire quanto da me affermato e pubblicato sia nelle pagine nazionali che sulla cronaca di Napoli: dal momento che si è osservato un aumento di mortalità a Napoli per questa epidemia, si è creato un certo panico per questa apparente stranezza in Campania. Anzitutto dobbiamo sapere che il laboratorio di virologia del Cotugno fa parte della rete di sorveglianza sul virus influenzale come unico centro riconosciuto dal Ministero della Salute per la nostra regione: ha permesso di effettuare il test per la nuova influenza A/H1N1 e di correlare la diagnosi con i casi ricoverati, quelli ambulatoriali, e soprattutto con tutti i casi gravi che venivano portati, spesso in fase terminale, allo stesso ospedale. Pertanto è ragionevole ipotizzare che per molti decessi registrati allora altrove, e ci riferiamo ovviamente ad altre regioni, non vi sia stata la stessa capacità e possibilità di correlare la diagnosi virologica alla causa di morte soprattutto quando il virus influenzale agisce come cofattore.
Al contrario dei molti politici che non sa spiegarsi “che cosa stesse succedendo qui”, ovviamente non era settore di loro competenza, il problema dell’ eccesso di diagnosi si è risolto nel fatto che la definitiva etichetta di influenza A H1N1 è stata data a molti pazienti diagnosticati in laboratorio che altrimenti non si sarebbero dimostrati effettivamente così affetti. Questo fenomeno detto di Will Rogers, è ampiamente conosciuto da quando è stato studiato per il Q.I. (quoziente intellettivo) degli abitanti dell’ Oklahoma migrati in California, e poi riferito a tanti altri aspetti che inducono a false interpretazioni delle osservazioni statistiche. In conclusione ancora una volta in un problema così importante come quello della salute, è mancata l’ autorevolezza scientifica a livello nazionale, regionale e locale, perché come è costante nel nostro paese la professionalità non paga.
Infine nonostante la miopia dei politici e la malafede dei cosiddetti “esperti”, essere in grado di identificare le sorgenti d’infezione rapidamente ed accuratamente presenta importanti implicazioni per proteggere l’ ambiente e monitorare potenziali agenti patogeni. Il controllo appropriato delle infezioni virali dipenderà dalla giusta scelta delle norme sanitarie da parte delle autorità preposte e dalla regolamentazione di effettivi parametri virali: ciò permetterà lo sviluppo di sistemi di sorveglianza con cui monitorare e ridurre più efficacemente le malattie virali conosciute e forse anche prevenire quelle emergenti.
GIULIO TARRO